lunedì 7 marzo 2016

La Macchina e la società moderna: una prospettiva sulla disoccupazione tecnologica.

Il carattere dell’innovazione tecnologica che si è sviluppata tra quando l’essere umano ha smesso di essere un puro cacciatore-raccoglitore, a tempi relativamente recenti, può essere così riassunta: creazione di muscoli meccanici per ridurre la necessità di lavoro fisico da parte dell’uomo. Questo sviluppo ha raggiunto il suo picco tra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo, abbattendo prima il numero di lavoratori necessari per l’agricoltura, poi quelli necessari per l’industria.

In tempi più recenti – ovvero, da quando i computer sono divenuti abbastanza efficienti ed economici – l’innovazione tecnologica si è espansa anche verso la creazione di menti meccaniche. Non intelligenze artificiali vere e proprie, ma programmi sufficientemente avanzati per iniziare a sostituire gli esseri umani anche in campi che in precedenza erano loro dominio esclusivo.

Per fare un esempio, i mercati finanziari: originariamente gestiti da broker umani, attualmente sono gestiti pressoché interamente da softbot in grado di comprare, vendere ed eseguire predizioni di mercato migliaia di volte più velocemente di quanto un essere umano potrebbe mai fare. Lo sviluppo di menti meccaniche, accoppiato agli avanzamenti della robotica, ha condotto alla creazione di altri concorrenti al lavoro umano. Automobili senza necessità di autista. Robot in grado di testare autonomamente migliaia e migliaia di farmaci e condurre analisi mediche. Softbot per la compilazione della reportistica, la gestione degli impegni, l’analisi di documentazione legale, la pubblicazione di notizie giornalistiche. Persino per la composizione musicale automatica.

Tutti ambiti in cui l’automazione presto affiancherà ed eventualmente sostituirà operatori umani, non appena sarà in grado di svolgere le mansioni in modo più efficiente. Non perfetto: solo più efficiente. Il più grande impatto che la macchina avrà sulla società contemporanea sarà rendere obsoleti metà dei lavoratori attualmente impiegati: una crisi economica in confronto alla quale quella attuale non è che una trascurabile fluttuazione negativa dei mercati. Una transizione che potrebbe e dovrebbe essere gestita con piani di lungo corso, e che invece viene ignorata sia dalla popolazione che dalla classe politica, e lasciata alle pure forze di mercato.

Conviene augurarsi che il proprio lavoro non possa essere automatizzato facilmente.